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9 gennaio 2021 - Badia FiorentinaFr. Antoine-Emmanuel


San Basilio e san Gregorio

Ef 4,1..13 – Mt 23,8-12


Vi ricordate del gesto del vecchio Simeone?

Prese il Bambino Gesù tra le braccia (Lc 2,28).

È davvero Il Gesto di questo tempo natalizio.

Prendere il Bambino.

E metterlo sul nostro cuore.

Per ricevere tutto il Suo dono, tutto il Suo donarsi,

perché, ve lo ricordo, è nato per noi.


E qual è il Dono che ci fa Gesù Bambino?

Il Dono per eccellenza?

È il Padre!

È di ricevere Dio come Padre.


Perché questo bambinello non ci dona delle cose.

Un neonato non ha niente da dare…

Ci dona quello che è: essere Il Figlio del Padre.

E lo accogliamo…

Il Prologo di Giovanni ce l’ha ricordato:

“Ci ha dato il potere di diventare figli di Dio.”(cfr Gv 1,12)


E se sono figlio, e pure tu sei figlio o figlia,

allora siamo fratelli.

Ma non è un modo di dire,

non è una fratellanza simbolica,

del tipo: “Siamo come dei fratelli della stessa famiglia”.

No! Siamo più fratelli o sorelle che i fratelli di una famiglia.


Nell’enciclica “Fratelli tutti ”, Papa Francesco dice una cosa molto precisa:

«La ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini

e di stabilire una convivenza civica tra loro,

ma non riesce a fondare la fraternità». (n.272)


È da Gesù che viene la fraternità.


Il Vangelo odierno ci permette di approfondire ulteriormente questo dono.

Cosa dice Gesù?


Gesù sa – e vede! – che a causa della nostra insicurezza di fondo,

a causa della nostra mancanza di fede,

siamo soliti cercare la nostra identità nei ruoli, nei titoli.

Io sono “maestro”, io sono “presidente”, io sono “intendente”, io sono “guida”, …

E nel campo religioso in particolare:

io sono “sacerdote”, io sono “religioso”, io sono “lettore”, io sono “ministro straordinario” …


In tutto ciò c’è un enorme errore di fondo.

Perché manca l’essenziale.

Prima di avere questo o quel compito, sei fratello degli altri.

E se non sei veramente “fratello”,

se non ti riconosci prima di tutto come fratello o sorella degli altri,

non puoi esercitare in modo sano quei compiti,

perché vi cerchi un’identità che non vi troverai mai.


Prima di tutto sono vostro fratello,

poi sono monaco, sacerdote, e priore.


I compiti, i servizi, i ministeri, come i ministeri ordinati,

si vivono bene, sono fecondi,

se sono radicati in una chiara e determinata fraternità.


Ma c’è pure di più.

Nessuno di noi, dice Gesù, è “Maestro”: solo Gesù ci insegna la Verità.

Nessuno di noi è “Padre”: solo il Padre celeste è Padre.

Nessuno di noi è “Guida”: solo Gesù ci guida (cfr Mt 23,8-10).


Allora, non è legittimo che vi siano degli insegnanti,

dei padri o madri spirituali,

o delle guide, dei priori…?


Non solo è legittimo, ma è anche necessario.

Anzi, è il Signore a chiamare alcuni a questi servizi.

Ma essi sono sempre in riferimento al Signore.


Un maestro nella fede ci trasmette non il proprio insegnamento,

ma quello di Gesù!

Un padre spirituale si mette a servizio dell’unica Paternità che è quella di Dio.

Una guida spirituale ci aiuta a lasciarci guidare dal Signore.


Tutti i compiti, tutti i ministeri, sono a servizio della fraternità!

“Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli.” (Mt, 23,8).


Non cerchiamo di seminare, non pensiamo di fare la mietitura con i nostri servizi,

se prima non abbiamo arato il campo del nostro cuore per diventare fratelli.


E San Paolo ci aiuta a andare ancora oltre.

Dio “ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti,

ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri” … scrive (Ef 4,11).

Ma qual è lo scopo di questi servizi?

È che “arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio,

fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo”(Ef 4,13).


La meta è l’unità!

La meta è la fraternità compiuta nell’unità.


L’”uomo perfetto”, “la misura della pienezza di Cristo”

non è una perfezione isolata.

Non è l’essere io perfetto, individualmente.


Non esiste una perfezione individuale, staccata dagli altri.

Questo è un orizzonte diabolico.

La perfezione è divina, e quindi è comunione.

La fraternità tende all’unità, conduce all’unità,

che è l’essere tu in me ed io in te.


Cos’è l’amicizia nella vita battesimale?

Quell’amicizia che faceva dire a Gregorio Nazianzeno, riguardo a Basilio:

“Sembrava che avessimo un'unica anima in due corpi”.

È una grazia divina che, senza nostro merito, dona a due o più persone

di vivere una pienezza di fraternità,

una fraternità portata all’incandescenza,

nel dimorare vicendevolmente l’uno nell’altro.


L’amicizia cristiana non è di una natura diversa dalla fraternità.

È un dono di fraternità esagerata!

Basti ricordare come il Diletto del Cantico chiama la Diletta “sorella mia”!

Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, mia sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana!” (Ct 4,9)

Vale a maggior ragione per l’amicizia!


Non c’è niente di più grande della fraternità.

Non esclude nessuno. E non passerà.

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