VI Domenica di Pasqua
Atti 15,1..29 – Ap 21,10..23 - Gv 14,23-29
Vi propongo di fare oggi un grande dono a chi vive accanto a noi,
un grande dono alla nostra città:
quello di accogliere, noi, il dono della pace di Gesù e di condividerlo.
Di accogliere, cioè, così profondamente la pace di Gesù,
da esserne contagiosi.
Sarà tanto prezioso, perché viviamo in un mondo molto, ma molto agitato.
Accogliamo, quindi questa parola potentissima:
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace.” (Gv 14,27)
Il termine “pace”, ossia “shalom” era usato, e lo è ancora, come saluto:
“In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!" (Lc 10,5)
Ma oggi, sulla bocca di Gesù, è molto più di un saluto.
È un dono divino.
Gesù ci dona la “sua” pace.
La pace che ha in Lui, ce la vuole donare ora:
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace.” (ibid.)
Comprendiamo cos’è la pace quando prendiamo coscienza
di quanto l’umanità si sia allontanata da Dio,
di quanto l’umanità sia entrata nell’ostilità nei confronti di Dio.
Il peccato è un “no” a Dio.
E quindi il cuore profondo dell’uomo è il luogo di una tensione fortissima.
Il cuore dell’uomo che si distacca da Dio è un cuore insoddisfatto, frustrato, arrabbiato,
senza esserne consapevole.
È in guerra…anche se non ne siamo consapevoli.
La grande novità portata da Gesù è la riconciliazione con Dio,
già cantata dagli angeli nella notte della Natività. (cfr. Lc 2,14)
“Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio
per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo.” (Rm 5,1)
Questa pace, la pace di Gesù, porta due frutti:
la forza interiore e l’unità.
La pace di Gesù non è solo assenza di guerra, non è tranquillità,
è una vera e propria forza interiore, una sicurezza profonda dell’anima.
È una forza interiore
che ci rende capaci di amare,
anche nell’ora della prova.
La pace è la solidità, la fermezza del rapporto nuovo
– riconciliato – col Padre,
che ci rende capaci di amare, di usare misericordia, di donarci…
perché vi è questa terra ferma sotto i nostri piedi!
È come la casa costruita sulla roccia.
La roccia della nostra vita è la pace che Gesù, oggi, ci dona di nuovo.
E quello che costruiamo su questa roccia è solido!!
Il secondo frutto della pace di Gesù è la riconciliazione tra noi.
L’ostilità nei confronti di Dio, la paura di Dio o l’indifferenza verso Dio,
suscitano contese e guerre.
Invece la pace di Gesù suscita la riconciliazione.
È quello che Paolo scrive ai cristiani di Efeso:
Gesù “è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.” (Ef 2,13-18)
Vedete quanto questo dono sia prezioso?
Paolo dirà ai cristiani di Colossi:
“La pace di Cristo regni nei vostri cuori...” (Col 3,15)
Il che vuole dire che deve essere la pace di Cristo
a ispirare le decisioni nella nostra vita.
Non prendiamo le nostre decisioni a partire dalle nostre paure,
dal nostro bisogno di potere, dalla gelosia, dalla rabbia…
Ma prendiamo le nostre decisioni a partire da questo dono di pace.
Vi ricordate le ultime parole di Gesù nel cenacolo
prima di iniziare la sua grande preghiera?
“Vi ho detto questo perché abbiate pace in me…" (Gv 16,33)
Ecco il dono che accogliamo insieme oggi.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace.”
E Gesù aggiunge:
“Non come la dà il mondo, io la do a voi.” (Gv 14,27)
Non ce la dà solo con belle parole.
Non ce la dà superficialmente.
È un dono dello Spirito Santo (cfr Gv 20,21-22 e Gal 5,22)
È lo Spirito di pace, di riconciliazione che entra in noi…
Lo desiderate?
Lo lasciate entrare in voi?
*
Carissimi, questo dono apre alla santità!
La pace del cuore, il cuore riconciliato per grazia:
ecco il punto di partenza della santità.
Non parlo di un temperamento pacato, di una psicologia serena,
ma di questa riconciliazione veramente accettata.
Là fiorisce la santità nei suoi molteplici volti.
Vi ricordate che siete chiamati alla santità?
Oppure avete tirato i remi in barca?
Non c’è qui una sola persona che non sia chiamata alla santità!
Il n’y a pas ici une seule personne qui ne soit pas appelée à la sainteté !
There is not one person here who is not called to holiness!
E ognuno di noi lo è in modo diverso, unico,
anche in una comunità come la nostra, con la stessa vocazione monastica,
ciascuno è chiamato ad una santità unica.
Pensate a quello che è avvenuto domenica scorsa, a piazza san Pietro a Roma:
dieci santi canonizzati!
Dopo anni di studio, di verifiche, di preghiera,
e con la conferma di almeno due miracoli,
la Chiesa ha riconosciuto la santità di dieci cristiani: quattro donne e sei uomini.
La santità è possibile!
E che bellissima diversità tra questi santi!!
Ne cito tre o quattro…
C’era Titus Brandsman, un giovane olandese nato nel 1881.
Sarebbe voluto diventare francescano, ma fu rifiutato a causa della scarsa salute.
Divenne carmelitano, insegnò;
si oppose al nazismo e prese la difesa degli Ebrei,
al punto che fu arrestato e inviato a Dachau.
Regalò il suo rosario all’infermiere che gli praticò l’iniezione letale…
Santa Marie Rivier era una ragazza inferma in seguito ad una caduta, all’età di 16 mesi.
Pregava la Madonna dicendo:
“Santa Vergine, guariscimi e raccoglierò fanciulle per te.
Insegnerò ad amarti intensamente”
Fu guarita, ma rimase fragile,
e in piena rivoluzione francese, fondò le Suore della Presentazione di Maria.
San Giustino Maria Russolillo era napolitano, nato nel 1891.
Durante l’ordinazione sacerdotale,
fece il voto di fondare una congregazione per il sevizio delle vocazioni.
E, di fatto, fondò una comunità maschile,
una comunità femminile
ed un istituto secolare!
San Lazzaro, detto Devasahayan era un laico sposato,
funzionario regale nel sud dell’India.
Divenne cristiano, ricevendo il Battesimo nel 1745 all’età di trentatré anni.
Scelse di vivere il Vangelo, frequentando le caste inferiori.
Fu arrestato e torturato per mesi e mesi…
E quando fu ucciso, pronunciava il nome di Gesù e di Maria.
E Charles de Foucauld!
Ormai San Charles de Foucauld.
Ecco come il Cardinale De Donatis ha ringraziato frère Charles lunedì:
“Grazie perché hai amato la vita, hai osato “esplorarla” in tutti i suoi risvolti;
hai assaporato sentimenti e passioni, non ti sei messo al riparo di nulla.
Grazie per i tuoi doni che hai riconosciuto, accolto e lasciato fruttificare: la tua intelligenza, la passione per la lettura e per i viaggi,
e grazie anche per i tuoi limiti, le tue debolezze, le tue ferite che non hai negato né nascosto. Li hai lasciati trasfigurare dalla misericordia del Padre.
Grazie perché, assomigliando sempre più al tuo amatissimo Fratello e Signore Gesù, hai amato fino alla fine.
Grazie per i tuoi dubbi, le tue domande, le tue insoddisfazioni.
Grazie perché il tuo amore non ti sembrava mai “abbastanza”. (…)
Grazie per la tua “discesa” verso l’ultimo posto, per l’oblio di te stesso per la tua povertà e generosità.
Grazie per le relazioni che hai intessuto con tanta fedeltà (…).
Grazie per aver “perso il cuore per Gesù di Nazareth” e per aver ritrovato in Lui ogni creatura come fratello e sorella.
Grazie per la tua docilità a ciò che lo Spirito ti suggeriva, perché non hai avuto paura di lasciare sicurezze già acquisite.
Grazie per la tua attenzione ai più lontani, a quelli che consideravi fossero i più poveri.
Grazie per la tenerezza con cui li hai amati; per la pazienza e benevolenza con cui ti sei avvicinato e impregnato della loro cultura.”
E c’erano altri sei santi…
E tu, come sarai santo?
Qual è il profumo di santità particolare, unica,
che Dio vorrebbe dare agli altri attraverso di te?
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