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21 marzo 2021 - Badia Fiorentina Fr. Antoine-Emmanuel


V Domenica di Quaresima - B

Ger 31,31-34 – Eb 5,7-9 – Gv 12,20-33


Vi ricordate del Vangelo dell’Epifania?

Dei pagani, grandi sapienti, venuti ad adorare Gesù Bambino? (Mt 2,1-12)

È la stessa realtà che vediamo nel Vangelo odierno:

dei pagani di cultura ellenistica che vogliono “vedere Gesù”(Gv 12,21).

E il modo in cui Gesù si rivolge a loro

indica che il loro desiderio di vedere Gesù

non nasce dalla curiosità e ancor meno dall’ostilità,

bensì dal voler onorare questo Rabbi che è diventato famoso.


Questa richiesta proveniente da pagani fu per Gesù

come la manifestazione che la sua “ora” era venuta.

"È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato”. (Gv 12,23)

Glorificato non solo da ebrei divenuti credenti,

ma pure da pagani…

Glorificato da tutto il mondo.


Ora, a differenza del Vangelo dell’Epifania

nel quale non ci sono ovviamente parole del neonato Gesù,

qui abbiamo le parole che Gesù rivolse ai pagani.

Una catechesi ai pagani,

a coloro che certamente avevano una qualche conoscenza della fede ebraica,

perché erano “saliti per il culto durante la festa” di Pasqua (cfr Gv 12, 20),

ma che non erano membri del Popolo dell’Alleanza.


Cosa propone loro Gesù?

Una parabola.

Una parabola universale.

Quella del chicco di grano.


A che condizione un chicco di grano che qualcuno ha fatto cadere in terra porta frutto?

A condizione di lavorare molto?

Di sudare molto?

Di agitarsi tanto?

No!

A condizione di morire!

Deve morire per diventare erba e poi spiga con tanto frutto,

fino al cento per uno. (cfr Mc 4,8)


Quindi, se vuoi mantenere, proteggere, conservare, controllare, difendere la tua vita,

non porterai frutto…

E sarai “solo”.


Perché, pur in mezzo ad altre persone, ci sentiamo talvolta soli?

Non è appunto perché difendiamo la nostra vita invece di donarla, di perderla per amore?


“Chi ama la propria vita, la perde

e chi odia la propria vita in questo mondo,

la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,25)

dice oggi Gesù.


E facciamo attenzione!

Gesù si rivolge a dei pagani.

Chiede loro la circoncisione? No!

Chiede loro i sacrifici prescritti dalla legge? No!

Chiede l’obbedienza alla miriade di precetti della legge? No!

Chiede solo quello che è il compimento di tutto ciò:

fare della propria vita un dono.


Inoltre non dice che bisogna appartenere ad un popolo, ad una casta religiosa…

Chiunque, chiunque “mi vuole servire, mi segua.” (Gv 12,26)

Il dono è per tutti.

La Pasqua di Gesù è per tutti.

Senza escludere nessuno.

Chiunque “serve” Gesù, “il Padre lo onorerà.” (cfr Gv 12,26)


Ascoltavo di recente un amico musulmano.

Ha grande stima per Gesù, anzi, un grande amore per Gesù.

Ma è come ostacolato da un aspetto:

dall’idea che Gesù sia morto per noi, per salvarci dal peccato.

“È troppo facile”, dice…

Credo che quest’amico abbia detto a voce alta

quello che tanti cristiani pensano senza dirlo:

“ È troppo facile” …

Bisogna pagare per essere salvati.

Bisogna meritare la salvezza…, se no sarebbe troppo facile.


A dire il vero, sì, bisogna “pagare”…

Ma Gesù non ci chiede dei meriti, dei riti, dei sacrifici:

ci chiede la nostra vita, il nostro cuore!

Non chiede degli spiccioli, chiede il portafoglio!


Ma non è e non sarà mai questo donarci una “produzione propria”!

Solo i nostri peccati sono “produzione propria”!

Sarà sempre una risposta a Lui che ci ama “per primo”.

È Lui, Gesù, il primo nell’amore:

Lui che “nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche,

con forti grida e lacrime,

a Dio che poteva salvarlo da morte

e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito...

e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna

per tutti coloro che gli obbediscono.” (Eb 5, 7-9)

E noi rispondiamo a quest’amore senza limite!


Dinanzi ai pagani,

dinanzi all’orizzonte nuovo della salvezza, offerta a tutti i popoli,

l’anima di Gesù é “turbata”.

Egli percepisce l’abisso di dolore verso il quale sta andando.

Che dire?

“Padre, salvami da quest'ora?” No!

Non lo dirò.

Non lo dice Gesù.

Per amore del Padre e per amore di ciascuno di noi,

non chiede di essere salvato da quest’ora.

“Proprio per questo sono giunto a quest'ora!” dice. (Gv 12,27)

L’unica preghiera di Gesù in quel momento fu:

“Padre, glorifica il tuo nome". (Gv 12,28)

Padre, fa' sì che al tuo Nome di Padre

sia donato il suo peso specifico;

che nessuno sulla terra si inganni sulla paternità di Dio;

che finalmente appaia in piena luce la bellezza della tua paternità.

Una paternità che abbraccia tutti gli uomini.


Gesù sta chiedendo al Padre che si adempia la profezia di Geremia che abbiamo ascoltato:

“Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: "Conoscete il Signore",

perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -,

poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato". (Ger 31,34)


Come si conoscerà Dio?

Dove si conosce Dio al meglio?

Nell’esperienza del perdono.

La paternità di Dio diviene per noi una realtà concretissima

quando ci lasciamo perdonare…


È come se Gesù pregasse: “Tutti ti conoscano!”

Tutti conoscano la tua tenerezza!


Per questo Gesù ha pregato

e per questo si è offerto.


E noi possiamo fare nostra, oggi, questa preghiera.

e fare nostra questa offerta, offrendo noi stessi come Gesù, in Gesù.


Padre, in questo tempo di pandemia che non finisce,

anzi, che diviene sempre più opprimente,

glorifica il tuo Nome!

Fa' conoscere la tua Paternità!


Padre, ci sono milioni di orfani nel mondo oggi,

miliardi di uomini, di donne, di bambini che stanno impazzendo

in un mondo sempre più artificiale e senza orizzonte.


Padre, uniti a Gesù, vogliamo offrirci a Te,

perché il mondo conosca la Tua paternità.


Carissimi, la pandemia ci chiama al lavoro.

Ci sono tante persone molto sole… chiedeteci e vi daremo dei nomi.

Ci sono dei bisogni economici enormi, vicini a noi

e ci vuole la solidarietà di tutti.

E c’è un’urgente necessità di far conoscere la tenerezza del Padre.

Perché è l’unica vera consolazione dell’anima in questo tempo di prova.


*


Fra una settimana, entreremo nella Settimana Santa.

Come la vivremo?

Ripeteremo gli stessi gesti, gli stessi canti

per la nostra spiritualità personale?

Per essere a posto con Dio e con la Chiesa?

Per un piacere un po’ romantico o nostalgico?

No!


Credo che sia necessario vivere questa Settimana Santa

come una grande preghiera per l’umanità.

Insieme faremo un esorcismo sul mondo.

Celebrando ogni momento della Passione e della Risurrezione di Gesù,

vi attingeremo per gli altri.


Vi attingeremo per gli altri la vittoria sulle forze del male,

la vittoria su questa pandemia diabolica,

perché la Pasqua di Gesù “è il giudizio di questo mondo”

E “il principe di questo mondo viene gettato fuori.” (cfr Gv 12,30)


E vi attingeremo per tutta l’umanità il dono della salvezza,

ossia il dono dell’unità,

perché Gesù, “innalzato da terra”, attira tutti a sé (cfr Gv 12,32).


Non venite qui per voi!

Venite qui con il mondo nel vostro cuore,

con un cuore affollato di volti.


E lavoreremo insieme con il silenzio e con i canti,

con le palme, la luce e l’acqua,

con i gesti e l’ascolto,

con la Croce e la Tomba,

e soprattutto con la Parola ed i sacramenti.


Lavoreremo con tutta la Chiesa in preghiera.

Lavoreremo con Maria nel travaglio del parto,

con Maria che soffre per il mondo di oggi;

lavoreremo come dei piccoli vasi di co-redenzione,

offrendo la nostra preghiera e ogni nostra sofferenza

magari “con forti grida e lacrime”,

perché il Nome del Padre sia glorificato,

perché finisca la pandemia,

perché il mondo si converta alla tenerezza del Padre.


Se lo faremo sul serio, finirà la pandemia,

e sentiremo la voce del Padre:

Il mio Nome "l'ho glorificato e lo glorificherò ancora!"(Gv 12,28)

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