Venerdì della XXVIII settimana del T.O.
Rm 4,1-8 – Lc 12,1-7
Cambiare lievito
Oggi vorrei soffermarmi con voi su un solo versetto:
"Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia.” (Lc 12,1)
Cos’è il lievito?
È quella realtà piccola, nascosta, che trasforma una pasta.
È, per analogia, quella realtà piccola, nascosta, che trasforma una vita.
Non si vede, non lo fai vedere, ma in realtà è il motore della tua vita.
Per i farisei, il lievito era l’ipocrisia,
l'assunzione di un personaggio.
L’impressione che danno è ottima:
molto colti, molto osservanti, molto religiosi.
Ma è una finzione, una maschera.
Magari assunta con tanta convinzione, con molta generosità, ma è assunta:
non è la verità della persona.
È come essere un eccellente attore che si identifica nel personaggio.
Ma rimane una finzione.
Gesù dice che un giorno verrà fuori la nostra vera identità,
verrà fuori la verità del nostro essere.
Quando si incontra Gesù, finisce il teatro sacro.
La maschera non regge più, perché Gesù è la Verità.
Non è solo vero, veritiero: è, in persona, la Verità.
E la finzione crolla.
Finisce l’ipocrisia.
Anzi la finzione si rivela come una prigione dalla quale Gesù ci libera.
Non debbo più fare il santino o il santone.
Il lievito della propria vita diviene l’amore, il dono di sé.
La chiave di volta dell’esistenza diviene il donarsi.
Non cerchiamo più di salvarci,
giocando il ruolo del santo,
ed essendo quindi centrati su noi stessi.
Ci interessa amare.
La vita diviene una celebrazione della Pasqua di Gesù:
l’Amore ci fa perdere, ci fa morire con Gesù,
e in questa morte diventiamo vivi.
La risurrezione avviene grazie al lievito dell’Amore.
Chi sono i santi?
Sono degli uomini e delle donne
“lievitati” dal lievito dell’Amore.
Questo lievito non fa discorsi, non cerca di farsi vedere,
ma da dentro ti trasforma.
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