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19 marzo 2021 - Badia Fiorentina Fr. Antoine-Emmanuel


Solennità di San Giuseppe

2 Sam 7,4..16 – Rm 4,13..22 – Luca 2,41-51a


Nel 1998, mentre si preparava la fondazione di Firenze,

ero a Strasburgo, preoccupato per il fatto che ci mancava un mezzo,

una macchina o un pulmino, per la comunità che stava per nascere.

Allora, avendo ricevuto in regalo un piccolo pulmino rosso,

una macchinina regalataci da un bambino venuto a pranzo con la sua famiglia,

misi quel piccolo pulmino dinanzi all'icona di San Giuseppe,

affidando a questo grande santo il compito di procurarci un mezzo per la nostra fondazione.


Pochi giorni dopo, alla porta della fraternità di Vézelay,

suonò il campanello un signore originario della Bretagna

che veniva per affidare alla comunità un piccolo problema:

sposato di recente, la moglie non gradiva il colore del suo pulmino rosso…

E voleva farne un regalo!

Il priore della fraternità mi chiamò

per dirmi che avevamo ricevuto un pulmino rosso per la fondazione di Firenze!


Questo è San Giuseppe!


Un uomo che unisce una grande discrezione e una premura attentissima.


Quanto alla discrezione, notiamo che di lui

nei Vangeli non è riportata nessuna parola.

Conoscendo il ruolo del capofamiglia in Israele, è un fatto insolito.

Basti pensare alla genealogia di Gesù, in cui si parla quasi solo di uomini.


Gli Evangelisti non hanno avuto eco di nessuna parola di Giuseppe.

Eppure sia Giovanni sia Luca hanno ricevuto la testimonianza di Maria.

E con che gratitudine e delicatezza Maria doveva parlare di Giuseppe!

Erano legati da un amore tanto profondo e casto.

La castità non sopprime l'amore:

lo custodisce e lo apre al divino.


Grande discrezione, dunque, di un uomo che fu come un padre per il figlio di Dio.

Discrezione, per lasciare lo spazio alla Madre e al Figlio.


La sua discrezione non fu pusillanimità o falsa modestia,

bensì un servizio al dono di Dio che splendeva nel Figlio e nella Madre.


Giuseppe fu segnato profondamente dalle prove.

In particolare dalla prova immane della gravidanza inspiegabile di Maria,

con il suo silenzio nei confronti di Maria,

e con la decisione del divorzio, anche se in segreto…(Mt 1,19)


Tutto ciò abbatté in lui ogni volontà di essere visto, ammirato, venerato.

E il “sì” che disse all'alba, dopo la visita notturna dell'angelo (Mt 1,24),

fu un sì a consegnare la sua vita al servizio della Madre e del Figlio.


Quanto alla sua paternità,

questa non poteva essere per lui che oggetto di stupore.

Fare da padre a Dio Figlio!


Assunse questa paternità!

L'assunse pienamente,

al punto che si credeva che Gesù fosse il figlio (…) di Giuseppe, ci dice il Vangelo di Luca (Lc 3,23),

e che chiamavano Gesù il figlio del falegname. (Mt 13,55)

E Maria, quando ritrovarono Gesù nel tempio, gli parlò di Giuseppe come di “tuo padre”(Lc 2,48).


Non era una paternità finta, era reale;

e Gesù ricevette tanto dal suo padre terreno.

Eppure Giuseppe visse questa paternità con profonda discrezione.

Non si impossessò né del bambino, né della stessa paternità.

C’è vera castità nella sua paternità,

che rivela la vera paternità:

forza, presenza, virilità, autorità,

ma senza alcuna traccia di potere, di dominio, di controllo.

Basti pensare al fatto che, al ritorno dal pellegrinaggio a Gerusalemme,

non fu un problema per lui e per Maria

che Gesù fosse in cammino una giornata intera con parenti e conoscenti, lontano dal loro sguardo.


La discrezione di Giuseppe splende poi nel fatto che acconsentì

alla grande normalità della vita di Gesù a Nazaret,

pur sapendolo Messia, Salvatore, Re e Figlio di Dio.

Giuseppe visse la prova di non vedere la manifestazione della messianicità di Gesù.

Fu quindi educato dalla discrezione divina del proprio figlio.

E morì prima che iniziasse la vita pubblica di Gesù.


Fu molto discreto,

discreto della stessa discrezione del Padre,

come se il Padre gli avesse trasmesso qualcosa del suo mistero.

Si dice che Giuseppe fu l'ombra, il riflesso, di Dio Padre.

E, al tempo stesso, non fece ombra al Padre.

Rimase nell’umiltà dinanzi al mistero di Dio, all'agire di Dio.


*


Discrezione… e premura operosa.

Giuseppe non si tirò mai indietro.

Non fuggì le responsabilità, le assunse pienamente.

Basti ricordare la partenza per l' Egitto in piena notte.(Mt 2,13-14)

Era un salto nel buio, nell'ignoto, un andare in esilio, un perdere ogni sicurezza.

E fu a Giuseppe che l'angelo di Dio si rivolse.

Spettava a lui, in quanto capofamiglia, assumere la responsabilità

della partenza, del viaggio, e della sistemazione all'estero.

E lui lo fece.


Era un uomo attento alla realtà.

Non era un sognatore, anche se Dio gli parlava nel segreto della notte.

Era un operaio.

Lavorava il legno,

sudava nella bottega o nei cantieri.

Insegnò il suo lavoro al figlio.

E provvide al mantenimento della famiglia

a Nazareth, a Betlemme, in Egitto, e poi di nuovo a Nazaret.


Fu un uomo impegnato nella storia.

E anche in questo sta la sua regalità di figlio di Davide:

Re è colui che serve, che si mette al servizio, in particolare, dei poveri, dell'orfano e della vedova.


Giuseppe si mise al servizio del disegno di Dio nella concretezza della realtà, dei fatti.

E fu il grande servo del mistero dell'Incarnazione,

perché noi potessimo accogliere e vivere del dono di Gesù e di Maria.

Per questo Egli è davvero custode, patrono della Chiesa Universale, come della Chiesa domestica.


Ancora oggi Egli assume questa paternità

a servizio della Santa Famiglia che noi formiamo.

Ogni realtà ecclesiale è Santa Famiglia!

Là dove c'è fede, fiducia, speranza e carità,

là dove due o tre sono riuniti nel nome di Gesù (cfr Mt 18,20),

lì è presente Gesù, ed è sempre presente anche Maria.

E Giuseppe si mette a servizio!

Si mette il grembiule e si dà da fare nel modo più concreto,

perché noi possiamo vivere la Santa Famiglia.


Gesù, Figlio di Dio, è venuto nel mondo per ricomporre la famiglia umana (Chiara Lubich),

e Giuseppe ne è il discreto e premuroso servo.


Così, oggi, alla scuola di Santa Teresa di Avila,

possiamo affidare a Giuseppe le intenzioni che ci stanno a cuore,

che servono veramente per la ricomposizione della famiglia umana.


Oggi gli affidiamo in modo particolare Rima,

che, dopo molti anni di cammino nella Chiesa Anglicana, alla quale è riconoscente,

ha avvertito la chiamata del Signore ad entrare nella Chiesa Cattolica,

ad accogliere tutto il suo dono, per mettersi al servizio degli altri.


Rima, San Giuseppe ti aiuti a vivere appieno delle ricchezze della Chiesa Cattolica,

in particolare questi tre grandi doni:

l'Eucarestia, in tutto il Mistero della presenza reale di Gesù,

nel suo corpo, sangue, anima e divinità;

il Ministero di Pietro, servo dell'Unità della Famiglia Cristiana e della famiglia umana;

ed il dono,così caro a San Giuseppe, di Maria, Madre di Dio, Madre degli uomini.


Buon Cammino, Rima!

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