Santa Teresa d'Avila
Rm 8,22-27 - Gv 15,1-8
“Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia,
e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.” (Gv 15,2)
Credete che questa potatura del tralcio già fecondo possa avvenire senza gemito?
Senza un gemere doloroso?
“Sappiamo (…) che tutta insieme la creazione
geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi.
Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito,
gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli,
la redenzione del nostro corpo.” (Rm 8,22-23)
Gemito di chi viene potato… di chi scopre la sua miseria,
e si meraviglia della divina misericordia.
Gemito di chi attende la Redenzione,
di chi piange il peccato del mondo,
di chi desidera la Misericordia per il mondo intero.
Questo gemito, Teresa di Avila lo esprime in un modo sconvolgente
nelle cosiddette “Esclamazioni”
scritte dopo la comunione, lungo l’anno 1569.
Teresa geme perché percepisce quanto il nostro peccato
sia una ribellione contro Gesù, contro Dio:
“Anima mia, benedici senza fine un così grande Signore!
Come si può tornare a essergli ribelli?
Oh, come la stessa grandezza del dono ricevuto è di danno agli ingrati!
Ponetevi voi rimedio, mio Dio. E voi, figli degli uomini,
fino a quando sarete duri di cuore
e avrete il coraggio di opporvi a questo dolcissimo Gesù?”
(Esclamazioni, III)
“Non ci rendiamo conto che il peccato è una guerra aperta contro Dio
da parte di tutti i nostri sensi e di tutte le potenze dell’anima!
Fanno a gara nell’escogitare tradimenti contro il loro Re.“ (Esclamazioni, XIV)
Geme realizzando quanto dimentichiamo Dio:
“Forse, Signore, vi manca qualcuno con cui dilettarvi
per venire a cercare un vermiciattolo così ributtante come me?
(…)
Oh, quale immensa misericordia,
e che favore infinitamente superiore ai nostri meriti!
E pensare che noi mortali dimentichiamo tutto questo!
Mio Dio, abbiate presente l’immensa miseria umana
e non dimenticate la nostra debolezza, voi che conoscete ogni cosa.
Oh, anima mia! Considera la profonda gioia
e l’immenso amore con cui il Padre riconosce suo Figlio
e il Figlio riconosce suo Padre;
contempla l’ardore con cui lo Spirito santo si unisce ad essi
e come nessuno dei tre possa separarsi da tanto amore e da tanta conoscenza, perché sono una cosa sola.
Tali Persone divine si conoscono, si amano e si compiacciono l’una dell’altra. Allora, che bisogno c’è del mio amore? A che scopo lo volete, Dio mio,
ovvero che guadagno ne traete?
Oh, siate benedetto, mio Dio, per sempre!
Vi lodino senza fine tutte le creature, Signore,
giacché in voi la fine non può esistere.” (Esclamazioni, VII)
Geme dinanzi alla nostra cecità:
“Voi dite: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi consolerò.
Che altro vogliamo, Signore? Che domandiamo? Che cerchiamo?
Per quale motivo la gente del mondo si perde se non per andare in cerca di felicità? O Dio, Dio mio! È possibile questo, Signore? Oh, che pena!
Che grande accecamento!
Noi cerchiamo, infatti, la felicità dov’è impossibile trovarla!
Abbiate pietà, Creatore, delle vostre creature!” (Esclamazioni, VIII)
Geme dinanzi alla nostra violenza:
“Ahi, ahi, ahi, che gran male è il peccato,
se è stato capace di uccidere un Dio fra tanti dolori!
E come ne siete circondato tutt’intorno, mio Dio!
Dove potete andare che non vi tormentino?
Da ogni parte gli uomini vi coprono di ferite.” (Esclamazioni, X)
“Oh, cristiani! È tempo di difendere il vostro Re
e di tenergli compagnia in così grande solitudine.
Sono ben pochi i sudditi che gli sono rimasti,
mentre grande è il numero dei seguaci di Lucifero.
E il peggio è che gli si mostrano amici in pubblico
e lo vendono in segreto:
non trova quasi più nessuno di cui fidarsi.” (ibid.)
“Oh veri cristiani, unite il vostro pianto a quello di Dio!
Le lacrime di compassione da lui versate non furono solo per Lazzaro,
ma per tutti coloro che si sarebbero rifiutati di risorgere, nonostante il suo richiamo.” (ibid.)
Geme dinanzi alla nostra insensibilità:
“Voi ben conoscete, mio Re, il mio tormento
nel vedere i peccatori così noncuranti degli atroci supplizi
che dovranno patire in eterno se non ritornano a voi.
Oh, abbiate pietà di voi stessi,
voi che siete abituati a piaceri, feste, comodità
e a non assecondare che la vostra volontà!
Ricordatevi che sarete sempre asserviti, sempre, in eterno, alle furie infernali. Pensate e considerate che ora vi prega il Giudice che dovrà condannarvi,
e che voi non avete neanche un istante di vita sicura.
Perché non volete vivere eternamente?
Oh, durezza dei cuori umani!
Li addolcisca la vostra immensa pietà, mio Dio!” (ibid.)
Geme e prega:
“Io ora vi prego, Signore, che almeno uno, uno solo riceva luce da voi,
perché possa servire a illuminare molti altri!
Non per me, Signore, che non ne sono degna, ma per i meriti di vostro Figlio. Guardate le sue piaghe, Signore, e poiché egli perdonò a chi gliele aveva provocate, anche voi perdonateci.” (Esclamazioni, XI)
Geme… e si fida ciecamente!
“Questo è il momento di prendere
quanto ci offre questo Signore misericordioso, Dio nostro.
Poiché vuole la nostra amicizia,
chi potrà rifiutarla a chi non rifiutò di spargere tutto il suo sangue
e perdere la vita per noi?
Quello che ci chiede è nulla, pensate!” (Esclamazioni, XIV)
“Preferisco vivere e morire sperando nella vita eterna e sforzandomi di conseguirla, piuttosto che possedere tutte le creature e tutti i loro beni destinati a perire.
Non abbandonarmi, Signore;
io spero in te perché la mia speranza non sia confusa.
Ch’io ti serva sempre, e fa’ di me quel che vuoi!” (Esclamazioni, XVII)
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