XXXIII Domenica del T.O. Ml 3,19-20a - 2 Ts 3,7-12 - Lc 21,5-19
Mi piacerebbe dirvi: “Il Vangelo ci annuncia che a breve le guerre non ci saranno più!”
“Tutto andrà bene!”
Se lo dicessi, sarei un grande ingannatore…
Sarei uno di quelli che pretendono di essere il Messia, di essere Gesù,
e dicono che siamo giunti alla fine dei tempi, e che domani verrà il paradiso…
“Non fidatevi…” ci dice Gesù oggi! (cfr Lc 21,8)
La verità è tutt’altra.
Gesù ci dice chiaramente che due cose “devono” accadere. (cfr Lc 21,9)
Come faremmo a meno di questo “devono” accadere…!
Ma la realtà è questa.
Un mondo che dice di no all’Amore di Dio perde la pace,
perde l’armonia, perde la concordia…
Due cose “devono” accadere:
“devono” accadere guerre e disordini, carestie, pandemie,
e avvenimenti cosmici terrificanti. (cfr Lc 21,10-11)
E prima di queste cose la persecuzione dei discepoli di Gesù. (cfr Lc 21,12)
C’è da meditare qui: la persecuzione dei discepoli porta a disordini, guerre, e così via.
Perché la persecuzione dei cristiani è una nuova eliminazione di Gesù dalla storia.
E Gesù è il Salvatore della storia, è la Salvezza…
Che queste cose debbano accadere, vi sembra che sia una “Buona Novella”?
Sembrerebbe di no!
Eppure questo Vangelo è proprio una “Buonissima Novella”!
Perché?
Perché ci rivela che in mezzo alle guerre, ai disordini, ai terremoti, alle carestie,
alle pandemie, ecc... non saremo lasciati soli: Gesù ci sarà!
Anzi, “Io vi darò parola e sapienza,
cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.” (Lc 21,15)
Non rinnegheremo Gesù, non tradiremo Gesù,
perché Gesù ci sarà e ci darà la sapienza dell’amore,
la forza per perseverare nell’amore e nella misericordia.
Ci dice poi una cosa ancora più forte:
anche se, a causa del Suo Nome, saremo messi a morte,
anche se saremo “martiri”,
niente di noi “perirà”,
neanche un capello del nostro capo:
vivremo eternamente! (cfr Lc 21,18)
Saremo rapiti nella vittoria eterna dell’Amore!
Ecco la Buona Novella!
E tutto ciò è un dono così grande che la prova
sarà un’occasione di testimonianza! (cfr Lc 21,13)
C’è un modo cristiano di vivere la prova
che rende testimonianza.
In altri termini,
tutto può vacillare, anzi, tutto vacillerà,
ma il dono di Gesù non vacillerà mai!
Basta pensare a quello che è avvenuto
durante l’incendio della Cattedrale di Notre-Dame di Parigi:
Tra le macerie è rimasta la Croce, come è rimasta, intatta, la statua della Madonna!
Quindi, se ti aggrappi alla Croce di Gesù e alla Madonna, sarai scosso, certo,
sarai provato,
anche martirizzato,
ma non vacillerai dentro di te.
Se invece ti aggrappi ad altro, vacillerai, crollerai…
*
Ma cosa c'entra tutto questo con la Giornale Mondiale dei poveri che celebriamo oggi?
C'entra in modo molto concreto e preciso.
Quando vengono le prove,
se ci lasciamo afferrare dalla paura,
se ci lasciamo guidare dall’angoscia,
dalla paura della morte,
qual è la conseguenza?
Ci chiudiamo in noi stessi, sui nostri interessi,
e non pensiamo più ai poveri, non pensiamo più a chi è nel bisogno:
si pensa solo a sé stessi.
È il dramma dell’indifferenza.
Nel febbraio del 1946,
Fioretta Mazzei scriveva:
“La più grande miseria umana è l’insensibilità del cuore.”
E chiedeva:
“A che varrebbe fossi anche perfetta
se non so piangere con quelli che piangono
e ridere con quelli che ridono?”
“Gesù”, scriveva ancora, è “tra i poveri, con loro, per loro.
La sua anima, il suo cuore erano loro.
Anch’io devo imitare Gesù, dare loro il cuore,
perché il resto ha poco valore.
La preghiera per loro.”
Questo il frutto della fede quando è viva, quando è profonda:
ci libera dalla paura della morte,
e ci tiene il cuore aperto alla sofferenza degli altri.
La fede mi porta a non preoccuparmi della mia morte e della mia salvezza eterna:
perché la morte l’ho già attraversata il giorno del mio battesimo,
e la salvezza l’ho già ricevuta per pura grazia!
Se la mia fede è viva,
mi preoccupo della vita e della salvezza degli altri.
Ma vi è un'altra via che ci libera dalla paura:
l’incontro, appunto, con i poveri.
Ed è quello che Papa Francesco ci dice oggi:
“L’esperienza di debolezza e del limite che abbiamo vissuto in questi ultimi anni,
e ora la tragedia di una guerra con ripercussioni globali,
devono insegnare qualcosa di decisivo:
non siamo al mondo per sopravvivere,
ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice.
Il messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire
che c’è una povertà che umilia e uccide,
e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni.
La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento,
della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse.
È la povertà disperata, priva di futuro,
perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita.
(…)
La povertà che libera, al contrario,
è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile
per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale.
In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano,
perché sentono che manca loro qualcosa di importante
e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta.
Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli,
hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri
per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità.
Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti,
per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci:
l’amore vero e gratuito.
I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina,
sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità.”
(Messaggio per la VI Giornata Mondiale dei poveri)
Ecco due strade piene di vita:
Va' verso Gesù, e cade la paura della morte.
Va' verso chi è più bisognoso di te, e cadono le ansie inconsistenti…
E qual è il frutto del prendere queste due strade?
Si ritrova l’unità della famiglia umana…
Usciamo da quello che Fioretta Mazzei chiamava “lo spezzettamento del mondo”:
“Lo spezzettamento del nostro mondo.
È quel che ferisce di più, che lascia perplessi.
Siamo spezzati con i nostri fratelli, siamo spezzati noi in noi stessi.
E come in noi stessi ciò che ci unifica,
ciò che ci salva, ciò che ci sana, che risuscita, che dà un senso e un indirizzo,
è l’amor di Dio;
così fuori di noi, intorno a noi, coi nostri fratelli:
ci vuole il medesimo amor di Dio che ci unifica dandoci una meta.” (8 febbraio 1958)
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